Quella parte di noi così suscettibile

Osservazioni, consigli, giudizi, suggerimenti. Ma come si sta male per le parole degli altri. Anche quelle dette a fin di bene. Perché noi vogliamo essere amati, e se non riusciamo a essere amati, vogliamo almeno essere stimati e se non stimati almeno essere rispettati.

Per quanto cerchiamo di non essere influenzati, il valore che diamo a noi stessi è condizionato dai giudizi esterni. E quando abbiamo la sensazione di essere sottovalutati o sminuiti da parole e comportamenti altrui ci sentiamo minacciati.

Del resto siamo predisposti e, biologicamente organizzati, per percepire il pericolo: siamo in grado cioè di avvertire le condizioni sfavorevoli prima di quelle favorevoli e di prestare più attenzione alle informazioni negative rispetto a quelle positive. Bad is stronger than good o più semplicemente “tendenza alla negatività”.

L’amigdala, il nostro sistema d’allarme emozionale che presidia e vigila sul nostro rapporto con la realtà esterna, ci avverte infatti delle insidie dell’ambiente e delle le minacce prima che l’area corticale certifichi il reale significato delle esperienze e delle parole stesse. Si può dire che la risposta alle osservazioni che non ci piacciono sia una tendenza evolutiva dell’individuo rispetto alle minacce esterne (ah quante raccomandazioni per rendere efficace il feedback in azienda!).

A far convivere il razionale e l’irrazionale provò anni fa Goleman con la prospettiva – non nuova ma interessante – di rendere le “emozioni intelligenti” ed allinearle ai bisogni di utilità e funzionalità.

Una proposta con un suo fascino e con una forte popolarità nel considerare le emozioni una risorsa a sostegno dei comportamenti organizzativi che non tiene conto, però, della necessità di incontrare le emozioni presenti in azienda con un’ottica meno funzionale ai bisogni di prestazione e di risultato e capace di riconoscere nelle emozioni il modo in cui la persona vive la propria organizzazione.

Il pregio e il valore della proposta di Goleman rimane invece quella dell’inscindibilità tra riflessione e emozione e tra dimensioni cognitive ed affettive.

E occorre ripartire da qui. Con il concetto del funzionamento della personalità umana cosciente basato su quattro funzioni: due irrazionali (la sensazione e l’intuizione) e due razionali (il pensiero e il sentimento), con una funzione principale o superiore e una inferiore.

Già all’età dell’asilo si può osservare lo sviluppo della funzione principale perché i bambini sono portati a fare quello in cui si sentono capaci e a tralasciare quello in cui riescono meno. È una preferenza che viene consolidata prima dall’atteggiamento della famiglia e potenziata e resa riconoscibile successivamente dall’ambiente circostante attraverso il Tipo: … «e poi se la gente sa / e la gente lo sa che sai suonare / suonare ti tocca per tutta la vita / e ti piace lasciarti ascoltare». (antologia di Spoon River di E. Lee Master ”Il suonatore Jones” cantata da De Andrè).

All’opposto delle funzioni principali Pensiero, Sentimento, Sensazione, Intuizione si collocano rispettivamente le funzioni inferiori: Sentimento, Pensiero, Intuizione, Sensazione. Un esempio: è molto probabile mettere in crisi un Tipo “Pensiero” e chiedergli le emozioni che sta vivendo e che colorazioni possano avere per lui; infatti, può avere difficoltà nell’elaborare il suo vissuto affettivo, nell’indicare cosa prova e forse se la caverà con un ragionamento o con una risposta convenzionale.

Ebbene per il Tipo “Pensiero” la funzione principale che emerge in maniera rapida e in modo bene adattato è il Pensiero. Il suo opposto, il Sentimento, la funzione inferiore, difficile da controllare, che sfugge alla logica e che forse fa fare tante brutte figure. E soprattutto con una lentezza (perché poco adattata) che genera impazienza e scoraggia un lavoro sistematico di formazione e costruzione della stessa…

Molte volte adottiamo manovre di nascondimento e di copertura ma il problema comunque si manifesta perché la funzione inferiore è, al tempo stesso, suscettibile e portata a essere dispotica. Quando viene sottoposta a critica si sente attaccata, perde il controllo e la sua insicurezza la porta a reagire con manifestazioni di natura infantile. E soprattutto “tiranneggia il mondo intero” costringendo gli interlocutori a muoversi con circospezione e ad adottare comportamenti di estrema cautela per cercare di salvare la relazione.

Ma è proprio lì che sta – non lo sviluppo – ma la nostra stessa crescita. Perché la funzione inferiore rappresenta un ponte con l’inconscio e con il mondo simbolico. Ha grande vitalità, ricchezza di possibilità e ci permette di scoprire un nuovo mondo. E’ in grado di offrire nuove potenzialità e solo a lei possiamo ricorrere quando la funzione superiore inizia a perdere colpi e a indebolirsi. E’ una lunga strada ma è la strada che porta verso se stessi.

Francesco Tulli

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