Pollicino e i sassolini: l’importanza delle fiabe

Permettono di conoscersi, aiutano a trovare significati, favoriscono lo sviluppo, danno una mano a crescere. Non sono soltanto modelli di pensiero ma sono profonde esperienze emotive. Mostrano possibilità e schemi di autorealizzazione per diventare chi voler essere. Prendono in seria considerazione il bisogno di essere amati, la paura di non essere riconosciuti, ci indicano la strada per formare e mantenere legami duraturi e soddisfacenti con gli altri.

Non stiamo parlando della formazione, del coaching, del development center. Parliamo delle fiabe che in certi casi – mettendo insieme dopamina e serotonina, emozione e ragionamento, cervello destro e sinistro  – ci insegnano anche a vivere felici e contenti.

Chi va nel sito HXO trova le immagini che rappresentano quattro tra le più importanti storie destinate ai bambini (connesse all’educazione dei bambini ma scritte per gli adulti). Facile è il significato di questa nostra scelta comunicativa: mostrare a chi ci vuole conoscere e lavorare con noi quello in cui crediamo e quello che vogliamo fare. Perché le favole non ci ricordano che ci sono i draghi. Questo i bambini lo sanno. E anche gli adulti. Ci dicono come i draghi possano essere sconfitti. La citazione non è mia ma non so neppure a chi attribuirla vista una comunicazione internet sempre più pervasiva e contaminata: sapevo Chesterton poi Benigni l’ha fatta sua.

Noi utilizziamo quattro fiabe nell’helping della nostra consulenza organizzativa, manageriale e comportamentale. Il principe ranocchio rappresenta la rinascita: la crescita della persona, la sua trasformazione. Biancaneve indica la rivelazione: scoprire le potenzialità, mostrare il valore di ognuno, togliere il velo alle nostre qualità. Il brutto anatroccolo mostra la rivoluzione: l’evoluzione dell’organizzazione pur nelle difficoltà e nelle resistenze determinate dal cambiamento. La bella addormentata vuole significare la forza del risveglio che dà efficacia collettiva ed energia a ciò che è dormiente nei gruppi.

Ma forse dobbiamo aggiungere un altro personaggio a quelli dei fratelli Grimm e di Andersen. Pollicino.

Il piccolo bambino della storia dei Perault rappresenta l’uso dell’intelligenza, la capacità di lottare contro nemici sempre più agguerriti, una lotta fondata sulla resilienza che consente di raggiungere i risultati attesi.

Pollicino al tempo stesso è l’eroe dei nostri tempi. Egli rappresenta il paradigma tattile che si sta affermando e in cui la conoscenza passa attraverso le dita della mano, una visione di un mondo che il nostro pollice rende aperto e disponibile: accedere alle informazioni, navigare nel mare della comunicazione, conoscere non solo attraverso l’astrazione ma con modalità più pragmatiche ed intuitive.

Ma ritorniamo alla fiaba di Perault. Pollicino mette alla nostra portata il mondo attraverso lo smartphone ma al tempo stesso, può aiutarci a non perderci, a ritrovare la strada. Cosa vuol dire ritrovare la strada. Vuol dire rendere la connessione una comunità cosciente, formare insieme una intelligenza collettiva contro la cultura dell’individualismo nel privato e nel pubblico,  non sostituire la domanda con la risposta, non barattare il pensiero critico con la soluzione,  non soppiantare la profondità con la velocità.

Uno studio inglese ha esaminato i comportamenti di chi mentre cammina utilizza uno smartphone. La conclusione è che il suo uso diminuisce l’attenzione al contesto circostante, peggiora la stabilità perché il baricentro si sposta in avanti e le spalle vengono tenute chiuse e determina un eccesso di cautela nell’affrontare gli ostacoli che vengono considerati più grandi di quello che sono in realtà.

Tre competenze di cui abbiamo bisogno. Lettura del contesto, equilibrio, adeguato livello di valutazione dell’ambiente circostante. E allora rimanendo nella metafora, i sassolini che Pollicino lascia per terra ci possono fare da guida nel nostro cammino di tutti i giorni e nel trovare la strada che noi cerchiamo. Sostengono il nostro incedere che l’uso distorto e l’abuso delle nuove tecnologie potrebbero rendere lento e ingobbito e ci aiutano a procedere con un movimento più attento alla strada da percorrere e soprattutto meno impaurito, con una maggiore consapevolezza di sé e dei propri mezzi.

Francesco Tulli

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