Conversazione con Pietro D’Anzi

 

Lara Cesari: Pietro, qualsiasi cosa tu abbia toccato l’hai fatta fiorire. Per me questo significa essere una persona di successo. Qual è il tuo segreto? Come ti muovi, come definisci le mete?

Pietro d’Anzi: Io mi sono trovato in due situazioni che, per ragioni diverse, erano molto simili e complicate. Quando ho iniziato a gestire Barclays era molto piccola e la stessa cosa valeva per Banca del Mezzogiorno. Io credo che le cose vadano bene nel momento in cui si è in grado di vedere gli obiettivi dell’azienda come propri obiettivi; quindi giocarsi un pezzo del proprio essere, un pezzo della propria credibilità, del proprio io. Sei tu che giochi insieme all’azienda e ti identifichi con l’azienda stessa. Questo è il presupposto. Poi devi essere sufficientemente fantasioso, creativo e allo stesso tempo attaccato alla realtà, che a volte è difficile. E ancora serve una certa impazienza del risultato, un costante senso di urgenza perché le cose devono avvenire e devono avvenire subito. Ultimo punto, avere la capacità di delegare, di capire che certe cose non le puoi fare da solo, ma hai bisogno di circondarti di una squadra. Quindi avere anche una certa capacità affiliativa, per trasmettere l’orgoglio e la volontà di fare risultati a tutta la tua squadra.

Lara Cesari: Cosa cerchi nelle persone che lavorano con te?

Pietro d’Anzi: Sicuramente c’è un aspetto di competenza, un aspetto di lealtà e onestà intellettuale, una forte motivazione e condivisione di questi elementi che ho descritto prima. La capacità e la voglia delle persone di mettersi in gioco e di sentire l’azienda non come qualcosa di diverso da sé stessi. Quelle 8 ore che trascorri in azienda sono la tua vita, il modo in cui ti comporti e operi, i risultati che produci, caratterizzano l’azienda e caratterizzano la tua vita.
Paola Pirri:  Tre citazioni di leadership, scegline una, quella in cui ti ritrovi di più.

[quote style=”default”] Quando sei chiuso nel tuo ufficio sei inutile. Devi andare in giro e toccare le persone sull’anima (Jack Welch)
La capacità di innovare rende le persone leader (Steve Jobs)
Non esistono cattivi battaglioni, esistono solo cattivi colonnelli (Napoleone Bonaparte)[/quote]
Pietro d’Anzi: Quella che mi suscita una reazione più immediata è quella di Jack Welch, perché è un po’ il mio stile di gestione. Io non amo stare chiuso in ufficio, amo parlare con le persone. In Banca del Mezzogiorno avevo dei momenti formali e non formali con le persone. Ogni mese organizzavo una riunione di tutto il personale in cui raccontavo cosa stava succedendo alla banca, i numeri, le strategie, perché volevo che tutti dal primo all’ultimo dei colleghi fossero informati di quello che stava succedendo. In quelle riunioni dicevo sempre che era molto più facile prendere la testa delle persone, facendo vedere i numeri, le performance e l’andamento della banca piuttosto che il loro cuore. Invece è chiaro che l’obiettivo di un manager è quello di avere le persone che ti danno il cuore, perché quando le persone ti danno il cuore sono pronte a fare tutto per te. Questo lo devi fare dando l’esempio, spendendoti, non è soltanto un fatto fisico di essere fuori dall’ufficio, ma anche un fatto di come ci sei, come ti rapporti con gli altri, il fatto che tu ti mostri effettivamente autentico e genuino. È una cosa complicata, io ci provo e non so se ci riesco, ma sicuramente è il mio obiettivo, l’obiettivo di fare squadra.
Per quanto riguarda Steve Jobs, io credo sia necessario avere una grande capacità di innovare, ma almeno nel mio mondo questo non definisce la leadership di una persona, ma è sicuramente uno dei fattori competitivi di successo. L’innovazione è su tante cose, sul modo in cui si fanno le cose, il modo in cui si lavora insieme, sul modo in cui si organizzano i processi, sul modo in cui fai una banca. L’innovazione può avere tanti aspetti e credo debba essere uno dei motori che guida.
La frase di Napoleone mi ispira su di una cosa: il buon manager non dà la colpa agli altri. Il buon manager guarda innanzitutto sé stesso e cerca di capire che errori ha fatto. È troppo facile prendersi i meriti e dare la colpa degli insuccessi agli altri. Il capo deve essere pronto a prendersi la responsabilità degli insuccessi e condividere con i suoi colleghi e i suoi collaboratori i successi. Non credo sia una condizione di leadership, ma una condizione di eticità, il presupposto per essere un capo.”
Lara Cesari: Grazie Pietro, sei stato veramente ispirante.
Pietro d’Anzi: Grazie a voi mi fa molto piacere chiacchierare di queste cose.

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