L’Autosviluppo è un viaggio, ma qual è la direzione?

Principi, valori, comportamenti stanno subendo pressioni di varia intensità e diversi orientamenti. “Cambiare verso” è lo slogan più praticato del momento. È una considerazione che vale in tutte le diverse realtà in cui si è impegnati: quella familiare, quella sociale e culturale, quella lavorativa, tutte accomunate dalla spinta al cambiamento. In questo scenario è possibile cercare di governare e non subire gli eventi?

L’unico aggancio di relativa stabilità è nel miglioramento delle proprie competenze e nella conoscenza dei propri punti di forza e di debolezza, per ridefinire la propria efficienza e per crescere. A questo fine diventano uno strumento potente i Quaderni per l’Autosviluppo (clicca) che aiutano a migliorare l’efficacia richiesta nelle dimensioni che più interessano:
personale (l’iniziativa, l’autonomia,…)
realizzativa (l’orientamento al risultato, la gestione delle priorità,…)
relazionale (l’ascolto, la collaborazione,…)
manageriale (lo sviluppo del gruppo, la leadership,…)
cognitiva (il problem solving, l’innovazione,…)
Offrono un aiuto molto valido soprattutto se si sviluppano lungo i quattro bisogni energetici primari (consiglio a questo proposito l’interessantissimo Non si può lavorare così  di Tony Schwartz, BUR Saggi, 2011):
– Fisico: la sostenibilità
– Emozionale: la sicurezza 
– Mentale: l’espressione di sé 

– Spirituale: la significatività

I criteri di funzionamento
L’autosviluppo funziona a patto che sia tenuta in considerazione una condizione di base, una conditio sine qua.: l’autosviluppo è un viaggio. Con una mèta, un percorso, degli ostacoli.
Una mèta perché la persona assume un ruolo di consapevolezza e responsabilità per il proprio sviluppo. Qualcosa di molto più ampio dell’apprendimento, della crescita e dell’innovazione.
Un percorso perché la persona è portata a comprendere i propri processi di sviluppo e ottenere su di essi un coscienza e un controllo positivo; infatti sceglie gli obiettivi, decide come raggiungerli, stabilisce tempi e sequenze delle attività, valuta il successo o i problemi del programma.
Gli ostacoli: la difficoltà di uscire dall’usuale, dalle abitudini per essere esposti all’insolito e costretti a pensare diversamente. Ad avere nuovi occhi. Questo è un punto critico: rimaniamo impantanati nelle abitudini e siamo portati ad aspettarci risultati diversi utilizzando però gli stessi comportamenti. È chiaro cosa ci succede: la visione di quello che accade – determinata dal passato – non può che generare una reazione automatica. Autosviluppo, invece, è una visione non condizionata dal passato – anche se questo è un passato di successo – è una “nuova visione” che determina una risposta consapevole e non un automatismo.

Azioni_Autosviluppo La giusta direzione
Il viaggio per definirsi tale si caratterizza per una partenza e un arrivo. Se l’Autosviluppo è un viaggio dobbiamo però domandarci: qual è la sorte del cammino tra il momento in cui il viaggio inizia e la sua fine? Perché più ci si avvicina alla mèta, più il viaggio arriva a conclusione, al suo termine.
La scelta deve essere chiara: “camminare verso se stessi” (consiglio la lettura di Marie-Cristine Josso, L’âge d’homme, Lausanne, 1991 sul valore formativo dell’autobiografia, e il buon libro di Alfio Cascioli In viaggio con il pellegrino. Camminare leggeri nella società pesante, Franco Angeli, 2011). Solo incontrando se stessi si può comprendere che viaggiatore e viaggio sono un tutt’uno  Solo se la direzione è verso se stessi il cammino non è breve, vive di continuità e il viaggio, mano a mano che si avvicina alla mèta, non è destinato a morire. Il bagaglio che ci portiamo appresso e tutto quello che incontriamo nel viaggio, gli incroci, le fermate, gli incontri, gli avvenimenti, gli incidenti, le foto, i ricordi, hanno significato solo con questa direzione.

Se la direzione è verso gli altri con l’imparare a mostrarsi sorridente, imparare a mostrarsi disinvolto, imparare a mostrarsi estroverso, imparare a mostrarsi sicuro, imparare a mostrarsi affidabile e stabilizzante, l’autosviluppo diventa anch’esso reattività, risponditività, vendita: diventa imparare a piacere agli altri. Diventa una patologia non per deviazione dalla norma, ma per eccesso di conformismo, di adattamento alla realtà.

Autosviluppo non è selfie formativo. Autosviluppo è autenticità del proprio sviluppo, è appropriazione di sé e fedeltà a se stessi. È anche la capacità di stare soli con la quale Winnicot definiva la condizione minima della salute mentale. È una delle regole del citatissimo Stephen Cowey: la vittoria privata precede la vittoria pubblica. Non si può avere successo nel lavoro e con altre persone se prima non si è pagato il prezzo del successo con se stessi.

Francesco Tulli

(La fotografia in questa pagina è di Philippe Halsman)

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